E’ proprio vero che quando arrivano i figli si recupera un pò della propria infanzia.
Li guardi crescere e scoprire il mondo. La loro vita è circondata da eventi e cose sempre nuove, che magari non ci apparterranno mai. Questo è ormai il loro tempo, che scorre rapido e in continuo movimento.
Eppure, qualcosa del nostro passato ci accomuna a loro: il gioco.
Li guardi crescere e scoprire il mondo. La loro vita è circondata da eventi e cose sempre nuove, che magari non ci apparterranno mai. Questo è ormai il loro tempo, che scorre rapido e in continuo movimento.
Eppure, qualcosa del nostro passato ci accomuna a loro: il gioco.
E così, poche sere fa, mentre cercavo di distrarre il pupone, che da pochi giorni ha detto addio al suo amatissimo ciuccio, ho tirato fuori l’intrattenimento infantile di sempre: Uno. Due. Tre. Stella!
Non pensavo che potesse riscuotere tale successo.
A dir la verità, un pò di tempo fa ho provato con il gioco del Nascondino, ma se io conto e lui resta vicino a me, non si diverte nessuno.
Invece, il pupone, stavolta, ha capito subito il gioco.
Non vi racconto quanto ha riso nel vedermi assumere posizioni plastiche in cui dovevo restare immobile. E lui che continuava a dire: Uno. Due. Tre. Stella! senza girarsi di spalle e con le orecchie di topolino sulla testa (residuo del costume di carnevale). La scena era a dir poco esilarante.
E non è finita qui.
Quando è arrivato suo padre da lavoro e ci ha trovati intenti a fare questo gioco, si è unito subito a noi. Il cucciolo che contava e noi dietro a fare gli scemi e a dirgli, su una gamba sola: “Devi girarti di spalle, dire: Uno. Due. Tre. Stella! E poi girarti di nuovo.” Lui continuava solo a ridere a crepapelle vedendoci in quel modo.
Invece, il pupone, stavolta, ha capito subito il gioco.
Non vi racconto quanto ha riso nel vedermi assumere posizioni plastiche in cui dovevo restare immobile. E lui che continuava a dire: Uno. Due. Tre. Stella! senza girarsi di spalle e con le orecchie di topolino sulla testa (residuo del costume di carnevale). La scena era a dir poco esilarante.
E non è finita qui.
Quando è arrivato suo padre da lavoro e ci ha trovati intenti a fare questo gioco, si è unito subito a noi. Il cucciolo che contava e noi dietro a fare gli scemi e a dirgli, su una gamba sola: “Devi girarti di spalle, dire: Uno. Due. Tre. Stella! E poi girarti di nuovo.” Lui continuava solo a ridere a crepapelle vedendoci in quel modo.
E’ stato bello. Uno di quei momenti che scaldano il cuore.
In mezzo agli impegni, alle scadenze e ai doveri dimentichiamo che in fondo li abbiamo messi al mondo anche per quello, per sorridere e soprattutto ridere.
In mezzo agli impegni, alle scadenze e ai doveri dimentichiamo che in fondo li abbiamo messi al mondo anche per quello, per sorridere e soprattutto ridere.
E dolce è stato incontrare lo sguardo del suo papà e, per pochi minuti, tornare ad essere bambini insieme.