Quella voce fuori campo.

Se c’è una serie televisiva che ormai seguo da anni, quella è Gray’s Anatomy. 
Le avventure di Meredith Gray e dei suoi affascinanti colleghi riescono ancora a tenermi incollata alla televisione, nonostante siano arrivati alla tredicesima stagione. E ciò è dovuto all’abilità degli autori. 
Una delle cose che amo di più di questo telefilm è la voce fuori campo di Ellen Pompeo (alias Meredith Gray) (in Italia doppiata dall’inconfondibile voce di Giuppy Izzo), che elargisce le perle di saggezza di Shonda Rhimes, l’autrice, sia all’inizio, che alla fine del film. 
Credo che questo sia un elemento che dà un tocco in più alla sceneggiatura. 
Quelle parole così profetiche e anche confortanti per lo spettatore, aprono e chiudono sempre un cerchio.
Forse ne sono così attratta, perché quella voce fuori campo io la sento un pò sempre nelle mie giornate. (Tranquilli! Non sento le voci.)
Mi riferisco a quella di mia madre.
In ogni cosa che faccio ho la sensazione di sentire sempre i suoi consigli, le sue opinioni, le sue simpatiche battute; oppure immagino quelle che avrebbe fatto, le sue eventuali esclamazioni ai miei innumerevoli imprevisti, i rimbrotti perché sono distratta e maldestra, gli incoraggiamenti a continuare a svolgere nel migliore dei modi il mio ruolo di madre.
Il suono di quella voce, anche quando non c’è, ha la potenza di riempire le mie giornate, e di farmi compagnia nei momenti di solitudine. 
Ho scoperto, come tanti, che è più facile capire un genitore quando si ha un figlio.
Pertanto mi sono ritrovata a chiedermi più volte come sia riuscita a mandare avanti una famiglia di sette persone, e allo stesso tempo a studiare per il concorso da insegnante elementare, sostenerlo e vincerlo.
Io a stento mi reggo in pedi con due figli, figuriamoci con cinque. E sono pure disoccupata.
La sua vitalità e la sua energia sono immagini sempre presenti nella mia memoria, e sono il mio stimolo a dare di più anche a casa mia.
Quando preparo la pasta frolla per fare i biscotti insieme al pupone, ho sempre il ricordo di lei che impastava sui mobili stretti della nostra cucina, mentre con un occhio mi leggeva la storia di Maria Rosa del libro della Bertolini. 
E così la osservavo mentre preparava crostate, ciambelle e dolci di vario genere (che lei adora fare, e di cui la passione ha trasmesso anche a me), per quell’esercito di persone che eravamo.
Ma ciò che di più apprezzo, è che sia riuscita a tirarsi su anche quando di colpo quella famiglia, a cui tanto si era dedicata, e a cui aveva dato tutto, si è sgretolata di colpo lasciando cenere e detriti lungo il percorso. 
Mia madre ha avuto comunque la capacità di tenere insieme incollati i pezzi il più possibile, e a tirarci su tenendo strette le nostre mani, non mollando mai.
Io non ho la sua forza. In questo momento più che mai mi sento fragile, sola e persa. 
Eppure la sua voce fuori campo è continuamente lì a sostenermi, e a ricordarmi che mai dovrò mollare, anche quando andrà tutto in frantumi. E sempre mi invita a rialzarmi, a scrollarmi la polvere dalle spalle e a guardare avanti, perché il domani può essere  migliore, e l’amore di una mamma ci può salvare.

Auguri, mamma!

Lei ed io quando avevamo rispettivamente 40 e 19 anni.



 

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