Chi mi segue sui social avrà notato che un paio di settimane fa mi sono trovata chiusa in casa insieme ai miei bimbi a causa di malanni vari.
Il Pupone, in quei giorni, mi ha costretta a sorbire a ripetizione uno dei classici Disney più noti e amati da sempre: Mary Poppins. Non che mi sia dispiaciuto. Vedere Julie Andrews tirare fuori dalla valigia innumerevoli enormi oggetti, ti fa sentire meno strana del solito.
In queste occasioni, oltre a imparare a memoria ogni singola battuta e canzone (che poi sono tenuta a ripetere al quattrenne), mi ritrovo a vedere la pellicola sotto un’altra luce e un’altra lente: quella dei miei trentacinque anni d’età, due figli piccoli (un altro in arrivo) e sette anni di matrimonio.
Il lungometraggio, ambientato nel 1906, si apre con una signora Banks suffragetta in piena battaglia a favore del diritto del voto alle donne. Alcuni di voi sapranno che dal 1963 finalmente anche il gentil sesso avrebbe avuto accesso ai primi lavori maschili, come nella magistratura.
Winifred, però, è figlia del suo tempo, quindi in presenza del marito annulla se stessa e i suoi ideali ossequiando e obbedendo al marito come qualsiasi altra donna dell’epoca. Qualcuno la ritiene una svampita. Penso che la sua intelligenza, invece, consistesse proprio nell’agire dall’interno, illudendo il marito di essere, come si definiva lui, “il signore del maniero”, perpetrare la sua causa fuori dalle mura domestiche.
Chi invece folgora tutti con la sua indipendenza è l’elegante e raffinata tata, che entrando in punta di piedi rivoluziona la famiglia, partendo dai bimbi, fino ad arrivare a rispondere a George Banks che lei “non deve spiegazioni a nessuno”. Che momento fantastico!
In tutto ciò, un altro personaggio spicca e fa tendenza: il simpatico e tuttofare Bert. Chi non ha cantato Can-camin Can-camin Spazza camin almeno una volta nella vita?!
Il fascino di quest’uomo, che ha chiaramente un flirt con Mary Poppins (ai giorni nostri la Disney avrebbe inserito almeno un bacio, ma è stato girato negli anni della censura, quindi dobbiamo accontentarci di sorrisi e teneri ammiccamenti), è la libertà che lascia alla persona che ama. Lei va e viene dalla sua vita senza chiedere il permesso. Lo travolge in meravigliose avventure e lavora per mantenersi. Lei ha un controllo totale sulla sua persona, e lui non pretende nulla neanche un momento. Anzi, quando va via, le sussurra soltanto: “Torna presto a trovarmi”.
Sarebbe bello se i rapporti fossero così. Non dico che dobbiamo vivere su una nuvola e tralasciare i nostri doveri familiari, ma un compagno che apprezza così tanto colei che ama da lasciare che sia semplicemente se stessa, e che segua i suoi ideali e le sue passioni, è di sicuro un uomo da non lasciarsi scappare.
Dagli anni ’60 ai giorni nostri, solo una grande sceneggiatrice riesce sempre a lasciarmi questa sensazione di libertà e di autenticità femminile: la straordinaria Shonda Rhimes, la regina delle serie televisive quali Gray’s Anatomy, Le regole del delitto perfetto e la mia preferita: Scandal.
In tutti questi film, le protagoniste sono donne normali, ma che affermano i propri diritti con intelligenza e lavoro duro. Non si fermano davanti a uomini di potere o semplicemente affascinanti, se pur molto attratte da loro e coinvolte sentimentalmente. Vanno avanti per la loro strada anche quando diventa doloroso farlo, e rinunciano a ciò che per qualcun’altro sarebbe impensabile, perchè in fondo la normalità è sopravvalutata.
Ci sono frasi che non posso dimenticare e che nel mio percorso di crescita hanno inciso tantissimo, perchè anche la mia vita non è mai stata del tutto normale.
Shonda Rhimes ha avuto un’incredibile intuito nel proporre al mondo un altro punto di vista, il nostro. Sa come farti sentire meno in colpa per il semplice fatto di essere nata donna, e più desiderosa di affermarti.
Eppure, le figure maschili, nei suoi sceneggiati, non valgono meno. Per quanto a volte fallibili nella loro affermazione di virilità, alla fine fanno ammenda con se stessi e lasciano il passo all’amata, perché l’amore, quello sano, quello che fa bene alla coppia, non è individualismo e oppressione, ma è cooperazione e sostegno, anche quando sembra di non farcela. Anche quando i figli arrivano e ti stravolgo l’esistenza caricandoti di responsabilità.
E’ proprio allora che questi uomini, dopo un periodo di smarrimento, riconoscono i propri errori, e ripartono daccapo… insieme.
Perché l’affermazione dei nostri privilegi può realizzare solo così, annientando veramente le differenze di genere, e trovando un punto d’incontro al di là degli egoismi e di una ormai arcaica mentalità maschilista.
Cosa ne pensate?
A presto!
Che piacere che è stato leggerti mia cara! Sono d’accordo con il tuo pensiero, anche se dentro di me penso che “purtroppo” nella nostra società c’è ancora molta strada da fare…ma noi donne dobbiamo essere forti e non dobbiamo mai perdere di vista il nostro cammino, quello in cui ci siamo addentrate, spesso con dolore e fatica! Buona giornata!
Hai ragione. La strada è ancora lunga, perché nonostante si parli di parità, in realtà di uguale c’è ben poco. Sono sicura, però, che un giorno, in qualche modo, ce la faremo. E allora i sacrifici di tutte noi non saranno stati vani. ❤️