#LaVoceDeiPapà

“Lascia stare. Ci penso io.”

“L’hai messo al contrario.”

“Come fai a non trovare mai niente?”

“L’hai lavato bene?”

“Ti sei ricordato di portare il cambio?”

“Ma è possibile che debba fare tutto io?”

“Sarebbe gradita la tua collaborazione.”

“Dallo a me. Con te piange.”

Non finisce qui la lunga lista di frasi con cui congeliamo, in maniera quasi inconsapevole, il povero neo-papà dalle sue responsabilità. Eppure gli specialisti sono tutti concordi nell’affermare che i neonati riconoscono immediatamente la voce dei papà a causa della sua profondità. Non dovrebbe essere automatica la connessione tra padre e figlio? No, non lo è per loro e, a volte, non lo è neanche per noi mamme.

Leggendo il titolo del post vi verrà probabilmente da ridere. In realtà, sono stati tanti i papà che quest’anno mi hanno fatto la seguente battuta: “Ma una parola per i papà non c’è mai?” Allora ecco che #unaparolaperlemamme si apre anche ai papà, perché è in due che si crea una creatura, ed è sempre in due che si diventa genitori.

Ciò di cui non si parla mai è che anche i papà possono andare incontro ad una sorta di Depressione post-partum. Alcuni di loro non si sentono semplicemente all’altezza di questo ruolo. Altri si addossano il peso della colpa per il dolore che ha provato la propria compagna durante il parto. Oppure c’è chi prova gelosia nei confronti del nano di casa, perché non riceve più le stesse attenzioni dalla propria compagna. E poi c’è chi avverte la responsabilità di questo evento in maniera così grande da temere di non riuscire a provvedere materialmente al nuovo nucleo familiare.

Non si tratta dello stesso sbalzo ormonale di cui sono vittime le mamme, ma pur sempre di Depressione si parla. Può presentarsi in maniera differente a seconda della persona, ma merita comunque attenzione, perché agli uomini è stato insegnato per troppo tempo a vergognarsi dei propri sentimenti. Spesso sono convinti che  chiedere aiuto sia da deboli. Come se avere paura non fosse così virile. Come se le lacrime fossero una peculiarità esclusivamente femminile.

Noi donne li cresciamo questi uomini e abbiamo il dovere di insegnargli che l’amore, il coraggio, la disperazione e il terrore sono le facce della stessa medaglia.

Essere felice non esclude l’essere spaventato.

Trascorriamo così tanto tempo a cercare di sopprimere i sentimenti “negativi”, pensando che solo la gioia sia meritevole di essere vissuta, da dimenticare che è ciò che fa paura a mettere in allerta i nostri sensi.

La tristezza fa parte di noi e dobbiamo viverla, non evitarla. Lo so che può sembrare un concetto assurdo. Ma va bene essere demoralizzati, devastati o depressi, perché è destrutturandosi che ritroviamo i pezzi e li rimettiamo al posto giusto.

Ci sono voluti quasi due anni di terapia per capirlo, ma ce l’ho fatta.

Dobbiamo sostenere le mamme, proteggerle, coccolarle e aiutarle a crescere insieme ai loro bambini. Ma è doveroso essere anche dalla parte dei papà, perché se si sentono utili, adeguati e apprezzati, possono superare più facilmente lo smarrimento iniziale ed essere così in grado di creare quel calore necessario alla propria famiglia.

In breve, il progetto è analogo a quello dello scorso anno. Lo potete trovare qui.

Pubblicherò, a lunedì alterni, una parola per le mamme e una parola per i papà, con l’hashtag, per questi ultimi, #LaVoceDeiPapà.

Spero che anche da parte vostra ci sia la stessa partecipazione come al primo progetto. Come sempre potete inviarmi parole, suggerimenti, esperienze personali e domande. Sarò a vostra completa disposizione.

Proviamo ad ampliare il cerchio dell’accoglienza e della comprensione, e cerchiamo insieme nuove parole che ci diano la forza di tenerci per mano ancora, ancora e ancora. Come per il primo bacio. Come sull’altare. Come per quel primo vagito in sala parto.

Cari papà, fate sentire la vostra voce. Noi mamme cercheremo di ascoltarla per perseguire insieme, più forti, lo stesso obbiettivo.

A Presto!

 

 

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