Nonostante si parli spesso di emancipazione femminile, parità di diritti tra uomo e donna, e chiacchiere trite e ritrite, la realtà dei fatti è che io sto casa ad occuparmi dei nostri bambini e mio marito è a lavoro.
Saranno i casi della vita, le scelte del passato o i programmi per il futuro, fatto sta che in questo momento mi sarebbe impossibile avere un impegno fuori casa. Pena il nostro girovagare per l’Italia, e un pò perché vantaggi e sostegni alle mamme che non hanno uno straccio di parente vicino sono alquanto inesistenti.
Saranno i casi della vita, le scelte del passato o i programmi per il futuro, fatto sta che in questo momento mi sarebbe impossibile avere un impegno fuori casa. Pena il nostro girovagare per l’Italia, e un pò perché vantaggi e sostegni alle mamme che non hanno uno straccio di parente vicino sono alquanto inesistenti.
Di conseguenza sono io che mi trovo a trascorre la totalità del tempo con i miei figli, come la maggior parte delle mamme.
E così, poco tempo fa, in un periodo di assenza del papi di due settimane, mi sono sentita dire da mio figlio Edoardo una frase che penso sia toccata a molte di voi: “Mamma, tu sei anche papà!”
Se in un primo momento il mio ego ha esultato di gioia, subito dopo questa esclamazione mi ha fatto riflettere non poco.
Mi sono soffermata a chiedermi quanto la mia presenza preponderante nella vita dei miei figli li potrà influenzare nelle persone che saranno.
Ok! I figli fin dall’antichità li hanno cresciuti le mamme.
I papà hanno sempre lavorato (probabilmente anche più di adesso), e nessuno si è mai lamentato.
Sì, gli uomini lavoravano, ma erano meno presenti nel gioco, e forse anche un pò anaffettivi. Malgrado tutto, i figli maschi riuscivano a trovare una identificazione nella loro persona. I papà erano un esempio, qualcosa a cui aspirare.
Quella figura maschile così autoritaria è stata giustamente messa in discussione, perché spesso e volentieri comunque troppo severa e istigatrice di rabbia repressa.
Ma adesso?
Noi donne del duemila che abbiamo scelto la genitorialità condivisa, quanto stiamo beneficiando di questa nuova organizzazione familiare?
Non credo molto, o almeno tante di noi non riescono a far quadrare il cerchio.
Un uomo troppo stanco, perché ha lavorato tutto il giorno, di sera non ha certo voglia di fare costruzioni o puzzle sul tappeto in mezzo a bambini urlanti a loro volta di stanchezza e fame.
Una donna che ha trascorso una giornata intera insieme a bimbi pieni di energia e vitalità, che lei non avrà neanche con quattro Red Bull di fila e otto caffè, quanto può ben tollerare il marito che rincasando la sera, alla richiesta:”Puoi occuparti dei bambini mentre preparo la cena?”, ti risponde:”Sono stanco!”?
Tu hai voglia di prendere la padella che hai in mano e tirargliela in testa. Invece devi fermarti un attimo a respirare, riflettere attentamente, e pensare che anche lui dopo una giornata intera fuori casa è davvero sfinito.
No, non è sfinito come te, che con i figli hai un livello di allerta che neanche il G7 con tutti i suoi militari poteva mai raggiungere, e dopo la sua risposta non solo sei stanca, sei anche incazzata come una iena. Allora devi raccogliere tutte le tue inesistenti e residue energie, chiudere gli occhi e tollerare l’ennesima risposta ad minchiam negativa della giornata (come se già la fase del NO di tuo figlio treenne non bastasse), e accettare che lui non potrà comunque riuscire ad aiutarti più di quanto possa aspettarti.
E allora cos’ è realmente cambiato?
Non mi sembra che le cose vadano meglio di una volta. L’annichilimento di tanti uomini di fronte alle donne mi sembra una conseguenza di questo andamento.
Vedo solo tanta confusione nei nuovi papà, e mamme sempre più sovrastate da una responsabilità più grande di loro.
Soprattutto mi chiedo quali insegnamenti potranno trarne i nostri figli, se si identificheranno solo in una figura femminile perennemente stanca e di corsa, perché oltre a fare la sua parte, deve anche coprire le lacune dell’altra metà di una mela marcia.
Forse bisogna rivedere non solo il ménage familiare, ma una società intera, con orari di lavoro diversi, o comunque più flessibili per i papà, che hanno diritto a svolgere anche il loro ruolo biologico. Diventare genitori dovrebbe essere un piacere anche per un uomo, non un ennesimo compito della giornata o un’eterna lotta alla sopravvivenza.
E una possibilità va data alle mamme, perché siamo anche donne dotate di un cervello e non solo di un utero. Abbiamo diritto anche noi a continuare ad avere una vita nonostante i figli, per poter goder appieno della loro presenza, e non sentirci schiacciati da essa.
Perché per quanto sia momentaneamente gratificante, non vorrei continuare ad andare a letto la sera e sentire il pupone chiamarmi “mamma-papà”, eppure è così.
Se in un primo momento il mio ego ha esultato di gioia, subito dopo questa esclamazione mi ha fatto riflettere non poco.
Mi sono soffermata a chiedermi quanto la mia presenza preponderante nella vita dei miei figli li potrà influenzare nelle persone che saranno.
Ok! I figli fin dall’antichità li hanno cresciuti le mamme.
I papà hanno sempre lavorato (probabilmente anche più di adesso), e nessuno si è mai lamentato.
Sì, gli uomini lavoravano, ma erano meno presenti nel gioco, e forse anche un pò anaffettivi. Malgrado tutto, i figli maschi riuscivano a trovare una identificazione nella loro persona. I papà erano un esempio, qualcosa a cui aspirare.
Quella figura maschile così autoritaria è stata giustamente messa in discussione, perché spesso e volentieri comunque troppo severa e istigatrice di rabbia repressa.
Ma adesso?
Noi donne del duemila che abbiamo scelto la genitorialità condivisa, quanto stiamo beneficiando di questa nuova organizzazione familiare?
Non credo molto, o almeno tante di noi non riescono a far quadrare il cerchio.
Un uomo troppo stanco, perché ha lavorato tutto il giorno, di sera non ha certo voglia di fare costruzioni o puzzle sul tappeto in mezzo a bambini urlanti a loro volta di stanchezza e fame.
Una donna che ha trascorso una giornata intera insieme a bimbi pieni di energia e vitalità, che lei non avrà neanche con quattro Red Bull di fila e otto caffè, quanto può ben tollerare il marito che rincasando la sera, alla richiesta:”Puoi occuparti dei bambini mentre preparo la cena?”, ti risponde:”Sono stanco!”?
Tu hai voglia di prendere la padella che hai in mano e tirargliela in testa. Invece devi fermarti un attimo a respirare, riflettere attentamente, e pensare che anche lui dopo una giornata intera fuori casa è davvero sfinito.
No, non è sfinito come te, che con i figli hai un livello di allerta che neanche il G7 con tutti i suoi militari poteva mai raggiungere, e dopo la sua risposta non solo sei stanca, sei anche incazzata come una iena. Allora devi raccogliere tutte le tue inesistenti e residue energie, chiudere gli occhi e tollerare l’ennesima risposta ad minchiam negativa della giornata (come se già la fase del NO di tuo figlio treenne non bastasse), e accettare che lui non potrà comunque riuscire ad aiutarti più di quanto possa aspettarti.
E allora cos’ è realmente cambiato?
Non mi sembra che le cose vadano meglio di una volta. L’annichilimento di tanti uomini di fronte alle donne mi sembra una conseguenza di questo andamento.
Vedo solo tanta confusione nei nuovi papà, e mamme sempre più sovrastate da una responsabilità più grande di loro.
Soprattutto mi chiedo quali insegnamenti potranno trarne i nostri figli, se si identificheranno solo in una figura femminile perennemente stanca e di corsa, perché oltre a fare la sua parte, deve anche coprire le lacune dell’altra metà di una mela marcia.
Forse bisogna rivedere non solo il ménage familiare, ma una società intera, con orari di lavoro diversi, o comunque più flessibili per i papà, che hanno diritto a svolgere anche il loro ruolo biologico. Diventare genitori dovrebbe essere un piacere anche per un uomo, non un ennesimo compito della giornata o un’eterna lotta alla sopravvivenza.
E una possibilità va data alle mamme, perché siamo anche donne dotate di un cervello e non solo di un utero. Abbiamo diritto anche noi a continuare ad avere una vita nonostante i figli, per poter goder appieno della loro presenza, e non sentirci schiacciati da essa.
Perché per quanto sia momentaneamente gratificante, non vorrei continuare ad andare a letto la sera e sentire il pupone chiamarmi “mamma-papà”, eppure è così.